Il prossimo 21 agosto al teatro antico di Taormina, l’associazione Nèon, con la regia di Monica Felloni, mette in scena “Ciatu” uno spettacolo nel quale saranno presenti 27 attori, molti dei quali disabili. Lo spettacolo, inserito nel cartellone del Festival Taormina Arte, rappresenta il ritorno della Nèon al Teatro Antico di Taormina, dopo il grande successo ottenuto l’anno scorso con “Magnificat”. Abbiamo fatto una chiacchierata con Piero Ristagno che della Nèon è il direttore artistico e ci parla di “Ciatu” e di quali sono i suoi contenuti.
– Piero Ristagno, dopo il successo lo scorso anno con Magnificat, un nuovo spettacolo al Teatro Antico di Taormina. Un percorso che si consolida.
Confermo. Apparentemente con nonchalance, in realtà con la fierezza che contraddistingue tutti gli attori in scena.
La scelta del Teatro Antico di Taormina non è casuale. Desidero ricordare, infatti, che la Nèon, con lo spettacolo presentato nel 2014, è stata la prima compagnia con attori disabili a calcare lo straordinario palcoscenico conosciuto in tutto il mondo.
A distanza di un anno, essere di nuovo al Teatro Antico, nell’ambito della rassegna internazionale Taormina Arte, rappresenta un ulteriore passo in avanti, oltreché per la Nèon, anche nel percorso di evoluzione e di emancipazione di tutta la collettività.
– Perché Ciatu?
Perché nel buio dentro il quale sentiamo di precipitare è possibile dare all’altro un respiro, un sollievo, un gesto di tenerezza. Un bacio.
Lo spettacolo Ciatu è il respiro degli uomini che vive e sopravvive dal liquido amniotico in poi, sino a dopo la fine. È la storia di questo respiro.
– In scena quasi trenta persone, fra attori disabili e non. Possiamo parlare di spettacolo totale?
Assolutamente si.
Ciatu è il succedersi di azioni teatrali intrise di canto, poesia, immagini, musica e danza. Ciatu è tempo, è spazio, è molteplicità di corpi. Ciatu non ha confini di lingua, è un intreccio di relazioni, è una esperienza che avvolge il pubblico e gli artisti, è uno scambio di emozioni attraverso l’uso dei diversi linguaggi dello spettacolo dal vivo. Ciatu è comunicazione oltre ogni codificazione.
Tutte le persone in scena e coinvolte nello spettacolo, che spaziano dall’età di sei mesi ai 106 anni, sono simboli di umanità, differenti nella forma e nell’azione.
Nel senso che ogni differenza tra le persone rappresenta la totalità della vita, o meglio in ogni differenza tra persone è presente la totalità della vita stessa.
In scena è il genere umano, nella sua varietà possibile, che si contamina nel linguaggio, si cerca nella parola, si mostra nel gesto, coesiste all’interno di relazioni fatte di specialità ordinarie ed eccezionali. In Ciatu si allestisce una scena-mondo affidata alla peculiare diversità di ogni attore coinvolto. La differenza diviene la tela sulla quale arte e natura si iscrivono per generare la bellezza di ogni forma dell’essere vita.
Il pubblico, allo stesso modo, è parte integrante dell’opera nella quale vengono esaltate le diversità del singolo; un pubblico che non esclude nessuno e che partecipa attivamente alla realizzazione e al completamento dell’azione performativa.
– Uno spettacolo firmato ancora una volta da Monica Felloni. Cosa avverrà in scena?
Il Teatro serve a mostrare, a far vedere cosa sogna una persona. È la visibilità di ciò che fino a quel momento è invisibile.
La visione di Monica Felloni del tema Giordano Bruno sarà presenza concreta.
Ciò che accade è che questa visibilità rappresenta la tessitura delle relazioni tra le persone … per tirare insieme un ciatu di speranza.
Nucleo narrativo di Ciatu è la vita e il pensiero di Giordano Bruno. “Il più grande uomo del mondo”, così lo celebra José Saramago in un suo breve racconto. Lo spettacolo ha inizio proprio con il testo di Saramago, per poi attraversare, una visione dietro l’altra, un quadro dietro l’altro, la complessità umana e filosofica del Nolano. La regia fa propria detta complessità, sviluppa e si riconosce nei capisaldi del pensiero di Giordano Bruno.
Elemento fondamentale sia nello spettacolo che come metafora della Vita è l’acqua, la quale unifica la vita, a partire dalla nascita fino alla vecchiaia. Ed è tra questi due estremi che si intrecciano le relazioni umane, più o meno liete che siano.
La regia di Monica Felloni è singolare; mette in azione una libertà espressiva attoriale che produce interpretazioni personali originali che si intrecciano come l’ordito e la trama di un tappeto prezioso. La regista dipinge con tratto preciso, riduce l’azione scenica fino alla forma perfetta, ispira, incanta per comunicare la propria visione della vita che si alimenta e si combina con quella degli interpreti come un unico respiro creativo.
– Nel progetto di Ciatu si legge di un’azione teatrale che prevede relazioni di corpi e di anime. Cosa intendete?
L’aria che respiriamo è piena di passioni. Il respiro è una cosa naturale, ci consente di nutrirci di ciò che serve. È vita proprio perché ci nutriamo di quest’ultima, non è solo ossigeno.
Corpo e anima significa un’unica realtà, sono una radice profonda in Giordano Bruno, un pensiero che unifica, che non divide, che non accetta neanche la divisione. È un pensiero che guarda la totalità. Corpo e anima non sono due cose, sono la persona.