È pronto per essere presentato alla Biennale di Venezia, La Vucciria, I colori del mercato, il quadro monumentale del pittore palermitano Francesco Anastasi. Il critico d’arte Giorgio Grasso l’ha definito il più grande d’Europa. Un’opera record, valutata a sei cifre, delle dimensioni di 30 metri quadrati (10 m x 3). Un acrilico su tela realizzato su un pezzo unico di grande impatto estetico. Racconta “il centro della vita, il mercato, il popolo”, come ha commentato lo stesso critico di origini siciliane che ha scelto di portare la tela al prestigioso happening d’arte che si terrà il prossimo aprile.
L’amore di Francesco Anastasi per i mercati di Palermo
Francesco Anastasi, artista sessantenne, nato nel capoluogo siciliano, ha scelto di raccontare La Vucciria anche se il suo cuore e il suo atelier sono a Ballarò altro mercato alle spalle della Cattedrale, dove è nato. «La mia è stata una sfida – dice Francesco Anastasi – ho rappresentato una storia che parte dal mio portone al numero 23 di Ballarò e finisce alla Vucciria dove mi recavo ogni mattina perché lì erano i miei amici, perché lì c’era la vita, il folklore e le partitelle di calcio».
Il racconto del quadro La Vucciria di Francesco Anastasi
Nella prima parte del quadro ci sono le vecchie bancarelle di una volta, piene di colori e profumi, con la carne, la frutta, la verdura. A fare da spartiacque tra il fulgido passato e il desolato presente c’è don Paolino, il nonno vivente più anziano del mercato che ha chiesto di essere rappresentato con le spalle alla nuova Vucciria che non riconosce.
«Ho rappresentato all’inizio i teloni colorati che danno gioia e che adesso non ci sono più, – prosegue l’artista – c’è la fontana di piazza Caracciolo, ormai secca, dove una volta i pescivendoli si recavano per bagnare le “balate”. Ci sono dei sacchi colorati pieni di spazzatura della nuova movida che si è impossessata dello spazio storico di Palermo. C’è la folla dei nuovi avventori notturni con le loro birre e smartphone, che indifferenti che danno le spalla all’uomo dedito alla “arrostuta” e alle botteghe con ormai le saracinesche chiuse. E c’è La trattoria “Shangai” che una volta era un punto di incontro di grandi artisti e adesso è un rudere abbandonato».
Nella tela di Francesco Anastasi che rappresenta lo storico mercato non poteva mancare la scalinata che porta in via Roma, e accanto a questa l’artista aggiunge una nota augurale e musicale, un sassofonista: « Rappresenta la vita che mi auguro torni in questo spazio – commenta Anastasi -. Accanto ci sono però anche tavolini vuoti e chiudo con un’immagine amara, una donna disperata che non ha più nulla da raccontare nella sua vita». La tela si conclude con il motto di Anastasi, che è stato testimone di un pestaggio nella zona “Stop alla violenza sulle donne”.
A caratterizzarlo dal punto di vista artistico è, ancora una volta, il tratto distintivo dell’artista che con le sue opere è ambasciatore della Sicilia in molte parti del mondo e cioè l’esplosione di colori vividi brillanti e a contrasto. I contorni netti e i volti incolore perché gli uomini per Anastasi non hanno razza.
La presentazione dell’opera in anteprima a Palermo
L’opera è stata già presentata al Teatro Santa Cecilia di Palermo, in occasione dell’evento “Palermo città della cultura” in connubio con Olanda e Malta e si prepara a raggiungere Venezia, insieme ad un altro quadro simbolo di Anastasi, Piazza Pretoria con le sue statue nude.
La sfida a La Vucciria di Renato Guttuso
Il quadro «è nato dalla delusione di vedere dei turisti in fuga per la sporcizia del mercato, – racconta l’artista – le dimensioni si sono spinte al di là delle mie prime intenzioni per rendere una testimonianza forte”. Una sfida quella di Francesco Anastasi anche all’opera iconica del mercato, l’omaggio reso da Renato Guttuso, nel 1974, famoso nel mondo.
«Sono due cose distinte – spiega – ma noto un timore anche da parte delle istituzioni ad approcciarsi ad un altro quadro che parli della Vucciria. Le tele hanno due socializzazioni diverse. Il mio è un racconto e quella una splendida fotografia».