Blown, la nuova mostra di Paolo Morello inaugurerà domani, sabato 4 ottobre 2014, ore 18.00 alla Galleria Studio di via Bentivegna 11, Palermo. Blown è una riflessione sul vento. Un vento impetuoso, potente scuote fronde di querce e increspa la superficie del mare. Un vento teso, che muove le chiome di Uriel, l’angelo luce di Dio.
«Blown è una meditazione sulla coscienza, sul tempo, sulla fotografia. Ogni fotografia che scattiamo consapevolmente o meno ridefinisce una idea di fotografia. – spiega Morello – Non mi interessa un paesaggio in quanto rappresentazione di uno specifico luogo, ma per l’idea di fotografia che sottende, rinnova, sovverte, e talvolta addirittura sconvolge. Fotografare il vento appare un paradosso ai molti ancora legati all’idea che la fotografia serva a fissare un istante, a congelare un frammento di realtà».
Mai frase fu più insulsa e perniciosa quanto l’instant décisif, la celebre espressione con la quale Henri Cartier-Bresson credeva di aver spiegato l’essenza della fotografia. Ho fotografato alberi scossi dal vento con tempi di posa di oltre venti minuti. Quale di questi venti minuti è l’instant décisif? Ciascuno di essi, o l’insieme, la somma, il fluire del tempo? L’idea che io ho della fotografia è che essa non serva a rappresentare l’istante, ma l’eternità. Volevo rappresentare l’eternità decisiva.
Ho sempre considerato le mie fotografie come meri strumenti, né belli né brutti, ma capaci di aiutare me e chi le guarda a far luce. A questo motivo è dedicato il trittico di Uriel, l’arcangelo il cui nome significa appunto luce di Dio. Non può esistere nome più dolce per un fotografo di Uriel, la fiammeggiante, Uriel luce di Dio.
Degli attributi di Dio che la tradizione giudaico-cristiana ha affidato ai nomi degli angeli, Uriel mi pare contenga la sfida più intensa. Il punto è: finché continueremo a pensare alla luce come alla condizione grazie alla quale possiamo vedere, resteremo confinati a una ideabassamente referenziale, oggettiva di fotografia. Accendo un faro per vedere il volto che intendo fotografare. E con questo, se sono bravo a disporre le ombre, ottengo al più un buon ritratto. Se invece provo a pensare alla luce non più quale condizione, ma quale oggetto della mia stessa osservazione, il campo della mia consapevolezza improvvisamente si espande. Penso ed uso la fotografia come strumento di una rivelazione. Il segreto più inaccessibile per ogni fotografo è fotografare la luce. Il vento che scuote i capelli di Uriel la fiammeggiante tradisce proprio questo segreto, questa tensione.
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